venerdì 1 aprile 2005

Dopo le curve, l'Arcuri

Viale Fulvio Testi in direzione di Monza, dopo il curvone del Bricocenter di Cinisello, all’altezza dell’incrocio semaforico: qui scatta la tentazione standard dell’automobilista pendolare. Trattasi di affissione 6 metri per 3, proprio di fronte alla fila che si forma allo stop. Il cartellone è sopra il tetto di una casa a una decina di metri dal suolo ma ben visibile. Il travèt del terziario automunito remunerato a 90 giorni d.f. inevitabilmente si trova a lumare il contenuto dell’affissione. Nelle ultime due settimane il contenuto in oggetto era la Manuela Arcuri con indosso lingeria fine. Un’occhiata all’auto davanti, un’occhiata alla ex carabiniera. Dopo una giornata di tangenziale est-lavoro-primo-contorno-quartino rosso-caffè-digestione lenta-lavoro-ancora tangenziale est, dopo siffatta eroica sequenza, finalmente la visione che ripaga dell’abitudine a esistere. L’Arcuri con 2 seni 6 per 3: fate voi il conto. Più ti avvicini al semaforo, più ti avvicini alle sue pocce. Tra gli squallidi faccioni dei candidati alle regionali lombarde, le formose eccezioni dell’Arcuri spiccano, ammiccano, intrigano, carezzano. Suggeriscono altri itinerari: più bassi, più piacevoli. Un’occhiata all’auto davanti, un’occhiata alla ex carabiniera. L’Arcuri è un pensiero laterale, l’irrompere fuggevole di un sogno medio standard. Il trucco, l’incarnato, lo sguardo cliché: il linguaggio di una seduzione scontata ma alla quale non puoi sottrarti perché sei in coda. Tutto sommato, sempre meglio che guardare il vicino d’auto che si infila il dito nel naso.

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