martedì 13 dicembre 2005

Mio cugino Camillo

Mio cugino Camillo era in ritardo come al solito. Avevo fissato un appuntamento per fargli firmare certe carte riguardanti i suoi possedimenti nell’astigiano.
Io sono avvocato e amministro il patrimonio suo e di altri importanti clienti: tutti più puntuali di lui, sappiatelo. Era mezz’ora che l’attendevo davanti al santuario della Consolata. Mi ero stufato e infreddolito: decisi allora di entrare nel caffè en face de l’église per non congelare del tutto.

Il Bicerin, angusto locale vanto di Torino, era foderato d’una calda boiserie e m’abbracciò come un vecchio amico. Subito le mie guance presero il consueto colorito roseo e gli occhiali s’appannarono. Una graziosa cameriera mi sorrise e m’indicò l’unico posto rimasto libero, sussurrando: “Prego signore, s’accomodi qui.” Mi liberai del pesante mantello di lana, levai il cilindro e mi lasciai letteralmente cadere sulla stretta panca, sedendo con la schiena appoggiata alla parete. Feci un lungo respiro: sentii l’odore di legno, di caffè e cioccolata e i profumi delle madamin che stavano intorno.

Guardai l’orologio, mio cugino aveva accumulato un imperdonabile ritardo. Guardai la porta d’ingresso con impazienza. Questa d’un tratto si spalancò e… non mio cugino entrò. Ma una donna non più giovane d’èta, di forme ancora aggraziate e con un décolleté che s’intuiva voluttuosamente abbondante. Poiché i pochissimi posti a sedere erano occupati, la nuova arrivata, con lieve disappunto, stava per tornare sui suoi passi verso l’uscita, quando…quando m’alzai e con gesto garbato la invitai : “Prego madame, -le dissi- sarei felice se sedesse di fianco a me e sarei ancora più felice se mi permettesse di offrirle un bicerin.” La signora, forse per la reazione al tepore del luogo o forse per la sorpresa dell’invito, arrossì. Gli occhi azzurri le s’illuminarono e mi rispose: “La ringrazio signore, lei è molto gentile… accetto di buon grado il suo cortese invito.”

Mentre aiutavo la dolce signora a levarsi il mantello, entrò mio cugino Camillo: rumorosamente, perché, mercé il suo curvilineo profilo, aveva urtato la porta. Prima ancora che potesse pensare di aprir bocca per rivolgermi la parola, lo fulminai con lo sguardo. E gli feci intendere, senza pronunciar verbo alcuno, che non era il momento di discutere carte e scartoffie e che doveva andarsene facendo finta di niente. Per fortuna, mio cugino Camillo, sebbene lento negli appuntamenti, è velocissimo di comprendonio; cosicché come se non m’avesse visto fece dietro front e sempre rumorosamente attraversò l’uscio.

Da: Memorie del Cugino, G. B. Benso, Torino 1878.

Il locale citato è lo storico Al Bicerin di Torino. Link in rete: bicerin e wikipedia. Grazie a m per avermici portato. Il cugino un poco maldestro ma perspicace è senz’altro Camillo Benso, Conte di Cavour.

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